Ho deciso di partire per l’esperienza di volontariato in Brasile a inizio anno. A dicembre infatti avevo partecipato ad un pranzo solidale, durante il quale i giovani partiti per la stessa esperienza nel 2023 raccontavano cosa avesse significato per loro. Da quel momento ho sentito una spinta interna che non mi permetteva di togliere dalla testa l’idea di partire. Sentivo il bisogno di vedere e conoscere il diverso, di emozioni forti che sapevo non avrei trovato in un semplice viaggio di maturità, con i compagni di classe, nelle solite destinazioni. Volevo qualcosa che mi toccasse davvero, che mi desse una scossa. Dopo averne parlato con i miei genitori ho partecipato ai primi incontri di preparazione a Borgonuovo, durante i quali la voglia di partire si era trasformata in una decisione ferma e sicura, per quanto ancora una scelta come quella mi sembrasse incredibile e lontana dalla mia vita. In Brasile ho vissuto un’esperienza sicuramente impossibile da far comprendere a parole, perché quelle possono raccontare cosa abbiamo fatto e chi abbiamo incontrato ma difficilmente riusciranno a spiegare a chi non c’era le emozioni provate e ciò che ha significato l’intero complesso di quei venti giorni. Mentre ero là ho cercato di scrivere ogni volta che riuscivo, per elaborare meglio quello che vivevo fuori e sentivo dentro. Là il presente acquisisce un’importanza all’ennesima potenza, non puoi far altro che viverlo intensamente, dando un enorme valore ad ogni singolo momento. Forse per la prima volta ho sperimentato cosa significhi vivere profondamente dentro ogni istante. Il tempo assume una strana dimensione, sembra quasi che si moltiplichi, perché scopri con meraviglia quanta vita e quante emozioni possono esistere anche solo in un paio d’ore. Una caratteristica che mi ha accompagnato per l’intero viaggio è stata lo stupore, per l’accoglienza delle Miss, per gli abbracci stretti e caldi dei bambini, come se mi conoscessero da una vita, per l’affetto gratuito che tutti ci hanno donato a partire dal primo momento in cui abbiamo messo piede al centro. Anche se non sapevano niente di noi e noi niente di loro, ci hanno insegnato che non serve alcun tipo di motivazione o pretesto per dare e ricevere affetto, loro lo mettono in qualsiasi gesto, senza alcun tipo di filtro. Ma anche lo stupore per il forte legame che si è creato all’interno del gruppo con cui sono partita…forse vivere lo stesso tipo di suggestioni e commozioni ha creato un qualcosa che durerà nel tempo. Là non ho elaborato subito quello che mi succedeva, forse perché era troppo grande per capirlo tutto in una volta, o perché certe emozioni sono fortissime mentre le vivi, ma poi cambiano. O forse perché non riuscivo a vedere le cose da fuori come invece sto iniziando a fare ora che sono tornata. L'unica cosa di cui mi rendevo conto era che stavo veramente bene. Sentivo di essere dove dovevo essere e che quello, in quel momento, era il mio posto, cosa che non mi succede spesso. A volte, mi capitava di sentire delle forti connessioni con qualche bambino anche se ci si capiva davvero poco a parole; la sintonia e la comunicazione infatti stavano nei gesti d’amore, nel tono di voce, nelle risate, negli abbracci, che ho scoperto essere il modo più efficace, autentico e diretto per dimostrare affetto; o semplicemente l’essenza di tutto era nell’essere lì, nel passare del tempo insieme. E ti rendi conto che forse effettivamente qualche cosa hai lasciato quando devi andare via, quando arriva il momento dei saluti e hai la prova tangibile che tutto quello che è accaduto in quell’angolo di paradiso forse un senso lo ha avuto. E vedi, attraverso le lacrime di una specie di addio, il valore e la grandezza dell’amore che hai dato e ricevuto. Un amore autentico, che non potevi trattenere, senza interesse e senza filtri, perché certe situazioni non ti concedono di tenerli, ma dolcemente ti sciolgono le maschere. Adesso è strano pensare che le loro vite andranno avanti, come prima, senza di noi, così anche le nostre, senza più loro. Eppure con qualcosa in più, custodendo i ricordi, l’amore, le sensazioni…ma anche affrontando la “saudades”, il distacco, l’impatto del ritorno alla propria quotidianità. E inevitabilmente, che tu te ne accorga o meno, tutto questo ti cambia. Fa iniziare un processo che ti smuove, ti “impasta” e ti cambia, anche se magari i risultati li vedi quando torni alla vita quotidiana, pian piano. A me è già capitato di vedermi diversa quando inciampo in situazioni che prima avrei vissuto in tutt’altro modo. Per esempio, ho notato che provo più interesse e curiosità verso le persone, forse perché ho più fiducia e meno pregiudizi, anche quelle che incontro in una sala d’attesa o in fila in un negozio. In generale, mi sento meglio in mezzo alla gente ma paradossalmente sento anche un urgente bisogno di passare del tempo da sola, di dedicare più tempo a me, forse anche perché devo finire di metabolizzare tutto ciò che ho vissuto. Non so cosa penserò fra qualche anno, ripensando a questa esperienza, ma vorrei ricordarla sempre come tanti abbracci e urla felici, occhi lucidi e mani sporche di vernice colorata.
Elisa.
— Elisa – Volontaria 2024